Chiariamo subito una cosa: leggere è un piacere e non un dovere, almeno quando sei uscito dallo status di studente.
Gianni Rodari diceva che “il verbo leggere non sopporta l’imperativo”.
In effetti leggere non è sinonimo di studiare, anche se c’entra con l’imparare.
Pennac, nel suo famoso decalogo del lettore, cita per primo “il diritto di non leggere”.
E ci dice anche che abbiamo il diritto di leggere ovunque.
Alcune persone non possono leggere se non sono in un ambiente confortevole, riservato, silenzioso. Sono disturbate dal rumore, dalle interruzioni, da ogni minimo ostacolo alla propria concentrazione.
Altre leggono in condizioni estreme estraniandosi completamente dal mondo : cullati dal rumore del treno, in viaggio di piacere o da pendolari, oppure al parco tra urli e schiamazzi di ragazzini.
Leggono nelle sale di aspetto e nelle stanze di ospedale, o appesi ad una maniglia della metro in equilibrio precario.
Leggono smozzicando un panino seduti alla scrivania nell’intervallo, ma anche camminando per strada con il rischio di pericolose collisioni coi passanti.
La verità è che se un libro ti prende è come una droga.
Ti cattura irreparabilmente e non riesci a staccarti, con rammarico interrompi la lettura dopo avere rimandato il più possibile il momento della sospensione di questa pratica.
Così un giorno preferisci il bagno alla doccia, perché nella vasca si può leggere.
Oppure una sera fai le due di notte perché devi finire un pezzo veramente avvincente, nonostante la mattina dopo ti svegli rimbambito ma sognante, perché ti sei addormentato bene, con la testa piena della storia che stai leggendo e ancora vuota delle tue quotidiane preoccupazioni.
E viaggi con il tuo libro ovunque tu vada e qualunque cosa tu faccia, perché prima o poi troverai cinque minuti per proseguire…